Grazie all’interessamento dell’Associazione Biodinamica, sono stato invitato, come rappresentante dell’Associazione per l’Ape Carnica Friulana, a partecipare ai lavori della “settimana europea delle api” organizzata da Mariya Gabriel, membro al Parlamento Europeo, della delegazione Bulgara che si occupa di “Apicoltura e salute delle api” oltre che del “Cambiamento climatico, biodiversità e sviluppo sostenibile”.
Una buona dormita fa sempre iniziare bene la giornata, così di buon mattino mi alzo a vado a fare colazione in una caffetteria in centro. Il primo appuntamento è fissato per le ore 10.00 e quindi approfitto per vedere almeno il centro storico di una città nella quale non sono mai stato. Bruxelles si presenta con una bellissima giornata di sole anche se un po’ fredda rispetto al nostro clima di stagione.
Con i mezzi pubblici mi sposto velocemente alla sede del Parlamento Europeo, ed ecco che alle 9,30, come stabilito, sono pronto per entrare.
Procedure obbligatorie, per accedere agli edifici si deve essere accompagnati da chi ti ha invitato e solo con lui si può avere un pass per entrare, ma sempre accompagnati. Bello, pare di essere tornati a scuola. Così, dopo pochi minuti, vengo raggiunto dal responsabile e riesco ad avere il mio pass azzurro.
Fatti i controlli del caso, in questa sede sono rigorosi più che non all’aereoporto, siamo finalmente dentro e posso farmi accompagnare alla sala dove si svolge la riunione sulle api.
Questa 4° conferenza internazionale si svolge su due giornate. La prima dedicata alla apertura ufficiale del “villaggio delle api” ed alla prima sessione di lavori; la seconda con il proseguimento della sessione lavori nelle bellissime sale della grande struttura dedicata agli uffici del Parlamento Europeo. Il “villaggio delle api” è costituito da alcuni gazzebo che propongono la tradizione dell’apicoltura della Bulgaria, con l’esposizione di alcuni prodotti, e la rappresentazione di alcuni temi generali sulla situazione delle api ai giorni nostri.
Prima di tutto questo, però, è stata convocata una riunione per una prima condivisione di quelle che, gli apicoltori dei paesi che vi partecipano, ritengono essere i temi più importanti da affrontare nelle due sessioni lavori che seguiranno. Un confronto di esperienze tra rappresentanti di diverse nazioni: Bulgaria, che quest’anno ha organizzato il tutto, Irlanda, Francia ed Italia.
Il dibattito si svolge moderato dal Sig. Etienne Bruneau, Presidente di “Scientific Commission Beekeeping Technology and Quality “di Apimondia, e raccoglie le varie opinioni sulla situazione attuale dell’apicoltura in questi paesi. I dati pare coincidano, i temi sono ricorrenti e coinvolgono tutti indistintamente.
Si fa riferimento all’utilizzo troppo pesante di pesticidi e diserbanti, ed anche se regolamentati, si evidenzia come, di fatto, molti ne facciano un uso poco attento, senza rispettare le prescrizioni. La disattenzione più ricorrente è l’utilizzo di questi dannosi prodotti anche in presenza di fioriture, con evidenti danni a tutti quegli insetti, api in primis, che si spostano di fiore in fiore favorendo la importantissima funzione di impollinatori. La voce è unanime, è necessario formare gli agricoltori sulla pericolosità di questo prodotti, e su come sia indispensabile rispettare le procedure di impiego.
L’altro grande tema è la “monocoltura” che sta facendo sparire moltissime piante compromettendo la biodiversità. Si evidenzia anche come tale tipo di uso sbagliato del territorio, favorisca lo sviluppo abnorme di determinati parassiti, perché, di fatto, si stanno eliminando gli antagonisti naturali. Si rompe così la preziosa “catena” che tiene in equilibrio tutto l’ecosistema.
Ma emergono anche altri fattori che rappresentano punti di debolezza dell’apicoltura europea. Cerchiamo di metterli a fuoco:
L’età degli apicoltori in questi paesi è ormai sopra la media dei lavoratori, con la conseguenza che alcuni temi vengono affrontati con poca attenzione alle nuove situazioni che il cambiamento climatico e l’utilizzo di questi prodotti chimici, impongono. La capacità di reazione e la volontà di nuova formazione è quindi piuttosto scarsa. In questa fascia è diffusa la credenza che certe pratiche, come andavano bene una volta, possano essere risolutive anche adesso.
Si evidenzia come tutti gli apicoltori siano strategici in una azione di salvaguardia delle api e dell’ambiente In quasi tutti i paesi il numero degli apicoltori “amatoriali” è enormemente più grande di quelli professionisti, con una frammentazione del mercato e delle iniziative, che rende azioni di sistema molto molto difficili da attuare. Ma è indispensabile coinvolgerli tutti, se non si vuole vanificare ogni sforzo lasciando ad ognuno il famoso “fai da te”. Viene quindi evidenziata la difficoltà di diffondere informazioni, idee e soluzioni, ad apicoltori che sono sparsi un po’ ovunque, ma senza un coordinamento e senza seguire nessuna indicazione. E’ invece ormai chiaro che ogni azione deve essere pianificata, condivisa, e messa in pratica da tutti nei modi e nei tempi giusti.
Nelle sessioni di lavoro che seguono, i vari relatori che si succedono, danno una rappresentazione molto chiara delle difficoltà che l’apicoltura, e le api, stanno attraversando. Senza fare una carrellata di tutti gli interessanti interventi portati da relatori provenienti da ogni parte del mondo, riassumiamo le cose principali che si sono portate all’attenzione di tutti.
Ci sono studi chiari ed indiscutibili che l’uso dei pesticidi e dei concianti delle sementi è un grosso danno e che l’utilizzo di questi prodotti dovrà essere ridiscusso e riorganizzato per evitare conseguenze peggiori.
La biodiversità è a rischio, quindi si dovranno rivedere le pratiche di monocoltura, particolarmente mais e soia, che oggi contraddistinguono il panorama delle campagne. Anche le grandi concentrazioni di frutteti possono essere un ambiente troppo povero per le api. “Oggi il paesaggio agricolo è un deserto per le api”, sintetizza il relatore Svizzero.
La grande frammentazione delle organizzazioni degli apicoltori, che non riescono ad avere una voce unica e forte, come invece molte altre organizzazioni riescono a fare. E questo, paradossalmente, è uno dei problemi più grossi perché in questo contesto dell’Europa, sono i numeri che contano.
Purtroppo ci si rende conto molto presto come in questi ambienti la forte rappresentanza, abbia effetti importanti sulle decisioni, al di là di quello che noi crediamo e riteniamo giusto. Così le lobbies si danno un gran da fare per cercare di portare acqua ai loro mulini, indipendentemente dagli effetti che queste decisioni possano avere su altri contesti, magari importantissimi. Uno per tutti, il rappresentante dei coltivatori del mais esprime le sue idee dicendo: ”è molto bello il mondo delle api e dei fiori, ma noi abbiamo la responsabilità di sfamare il mondo”. Non credo sia necessario fare commenti, ma la dice lunga su come le difficoltà di dialogo siano enormi.
Così qualcuno ha portato l’esperienza degli inglesi che stanno cercando di creare una cooperazione tra agricoltori ed apicoltori, creando organizzazioni unitarie e non più divise e diverse. Il concetto “win-win” (tutti due vincono), forse potrà portare ad una collaborazione nell’affrontare temi che non sono di una sola parte, ma di tutti noi. Hanno allo studio la creazione di “campi ai margini” per cercare di dare un po’ di sazio anche agli insetti, agli anfibi, agli uccelli ed anche ai mammiferi dei campi. Questa pratica contiene molto anche l’erosione del suolo e la diffusione aerea di trattamenti irrorati in tutte le condizioni.
Altra iniziativa è quella di non abbandonare i terreni “limitrofi”, così detti perché piccoli e difficili da coltivare, ma di renderli delle oasi, anche se piccole, per le api e gli insetti pronubi. Questo rilancerebbe e riallaccerebbe anche la catena alimentare degli uccelli, che sono danneggiati quanto gli insetti dalla monocoltura.
Il lavoro degli apicoltori è stato quindi molto rivalorizzato rispetto al passato, perché mentre una volta l’apicoltore contribuiva alla impollinazione e produceva il miele, oggi realmente è determinante per mantenere in vita le api e, attraverso di esse, l’intero ecosistema. Sono importanti i professionisti, per il grande numero di alveari e per la grande preparazione che hanno. Essi, per massimizzare le loro produzioni, si informano, studiano, applicano nuove tecniche e sono la punta di diamante della apicoltura. Ma anche gli amatori, per il grandissimo numero e per la loro capillare distribuzione sul territorio, sono determinanti per il “risanamento” delle campagne. Per questo è importante lanciare dei progetti di formazione ed aggiornamento anche per loro, all’uso di tecniche di lotta integrata, di rispetto dei tempi e dei modi di vita dell’ape.
Ancora una volta si è sottolineato come sia imprescindibile l’unità, il coordinamento di tutti gli “attori” del mondo dell’apicoltura, per poter contrastare le voci sempre più grosse e prepotenti delle aziende farmaceutiche che riescono ad esercitare pressioni enormi anche sull’opinione pubblica, per la grande quantità di denaro che riescono a mettere in campo.
L’invito che è stato fatto alla fine da tutti i partecipanti, è quello interessarsi al problema, di leggere i dati che sono disponibili e che lo saranno sempre di più. Di partecipare alla vita delle associazioni e di STUDIARE, anche se può sembrare una parola grossa, quelli che sono i nuovi scenari e le nuove risposte a questa sfide.
Direi che è stato interessantissimo e che potrebbe esser importante poter seguire e ripetere questa esperienza.